Io facevo parte di quelle donne che quando sentono parlare di prevenzione fanno finta di non sentire, la paura mi faceva mettere la testa sotto la sabbia, credevo che se non ci pensavo non mi accadeva o comunque non volevo andarmele a cercare.
Poi mia mamma (anche lei con la mia stessa mentalità) purtroppo si è ammalata, il cancro l’ha consumata, se l’è mangiata in pochi mesi perché ormai si era diffuso ovunque. E mia mamma si è spenta così camuffando per anni ogni sintomo e alzando le spalle.
E da lì è come se i miei occhi si fossero aperti, avevo paura e mi controllavo da sola ogni giorno, non essendo ancora nella fascia di età per la mammografia. Fino a quando una sera di quasi un anno fa mi sono sentita un piccolo sassolino vicino al capezzolo, così ho chiesto al mio medico se poteva prenotarmi una visita e lui mi ha consigliato di rivolgermi al progetto serena perché loro sanno subito come fare. Io avevo capito cosa fosse, perché ormai abbiamo tutte a disposizione strumenti che ci aiutano a capire anche se non siamo dottori. Questo sassolino era lì immobile, durissimo, e ogni giorno cresceva un pochino.
Mi sono attivata per effettuare questa, per me, spaventosa mammografia e già dalla prima telefonata ho trovato persone stupende che mi hanno capita e dato velocissimo un appuntamento. Io e mio marito siamo andati all’appuntamento, io, lui e l’ansia.
Ho spiegato tutto quanto e si sono subito mobilitate per me. Insomma, mi hanno fatto subito una biopsia, restando gentilissime come sempre, ma già avevano capito tutto.
L’ho percepito dagli sguardi e dal modo in cui mi parlavano. Perché lo senti, lo sai che ci stai entrando dentro e, che ti piaccia o no, ne rimani risucchiato. Tornati a casa abbiamo atteso la risposta con ansia per qualche giorno, intanto il sassolino cresceva ed era diventato una noce. Ricordo poi l’appuntamento al CAS dell’Ospedale S. Andrea, la dottoressa Torazzo che ci ha spiegato in modo gentile e dettagliato cosa stava succedendo. Alla fine delle indagini la diagnosi era di cancro duttile infiltrante di tipo invasivo. Mi sono sentita capita e supportata ancora una volta da persone estranee che si preoccupavano per me, come Maria, che mi ha prenotato tutti gli esami ed è stato come mi avesse già spianato una montagna perché da sola non avrei saputo dove sbattere la testa.
Io non l’ho presa malissimo, non so il perché ma non pensavo di non meritarlo.
Nessuno lo merita, è solo sfiga, non ero nemmeno arrabbiata.
A differenza di altre, nel mio caso si è ritenuta opportuna prima l’operazione e, avendo il linfonodo sentinella positivo, anche lo svuotamento ascellare. Anche in questo caso sono stata fortunata perché la chirurga si è dimostrata una persona di un’umanità incredibile, disponibile più che mai e pronta ad ascoltare ogni nostra domanda per poter assopire un pochino le nostre paure. Mi sono ripresa in fretta dall’intervento e ho conosciuto un’altra figura importante: la dottoressa Saggia, direttrice del Reparto di Oncologia dell’Ospedale S. Andrea che mi ha poi portato a conoscere lo staff infermieristico.
Ricordo che mi sentivo piccola piccola, come una bimba il primo giorno di scuola.
Poi le chemioterapie rosse, impegnative, ma ce la si fa. I capelli sono caduti ed è stato traumatico, è inutile girarci intorno: vedere i capelli cadere è traumatico, ho pianto anche io che sono una roccia.. perché il vuoto del seno è ok, ma quella testa pelata a me stava malissimo. Per fortuna avevo già la mia parrucca pronta grazie alla LILT di Vercelli ed è bellissimo poter scegliere di essere più bella, di avere un’alternativa pronta per poter essere presentabile nelle occasioni importanti. La Banca della Parrucca con il suo staff di volontarie è stato un raggio di sole in quel momento, perché è proprio vero che finché non ci passi non lo puoi capire.
Finite le rosse è arrivato il taxolo, e con lui uno stato d’animo depresso. Passavo intere giornate a piangere e vedevo tutto nero, andavo giù e poi tornavo su, avevo tantissimo tempo a disposizione ma mi mancava la voglia di fare, ero stanca e apatica, non riuscivo a leggere perché la vista a tratti era tutta appannata, poi non c’era nulla che mi andasse di fare.
Poi anche quelle 12 settimane sono passate e pian piano sono tornata alla normalità. Non è ancora tutto finito, lo so , questa esperienza mi ha cambiato, sono cresciuta.
Il cancro mi ha insegnato che non posso controllare tutto, mi ha insegnato a fermarmi ad osservare le persone e i loro comportamenti, l’autonomia che non credevo avessero mio marito e i miei figli, ho spesso fatto i conti con la solitudine perché ero spesso a casa da sola durante le terapie e mi sentivo inutile. Mi ha poi insegnato che a volte e importante anche lottare per le persone che ami perché loro vivono anche solo per vedere la serenità sul tuo volto. Ho imparato quanto siano importanti il sorriso e la gentilezza delle infermiere che ti fanno sentire a casa. Ho imparato che ce la si può fare! Su una montagna russa, è vero, ma prima o poi il giro finisce e tutto scorre talmente veloce che ho dimenticato molte cose.
Ho avuto conferme dagli affetti più cari, le amicizie si sono rivelate alcune sincere fino alla fine, altre no ma non importa, ora sono più spensierata, ho molta più pazienza, vivo senza fretta.
Questa esperienza la ricordo con positività, sembra strano, ma è così. Non è stato facile ma è stato intenso, mi ha portato via la mia autonomia e il lavoro ma sono quasi pronta a rientrare in pista!
E. Anni 47